Con i suoi 97mila ettari circa il vigneto Sicilia è più grande della Nuova Zelanda e del Sud Africa. Ma soprattutto è il vigneto bio più grande d’Italia, più di tre volte del Veneto, il doppio della Toscana e quasi il doppio della Puglia.
Una regione biologica per natura che segna, in questo senso, il 30% della superficie italiana. Suoli diversificati che ne caratterizzano ampiamente i vini con una vendemmia tra le più lunghe: circa 100 giorni di raccolta. Sono più di 70 le varietà autoctone con un potenziale di 42mila ettari di vigneti sostenibili e una ricca biodiversità.
Nel 2021 sono stati 7902 i viticoltori e 530 gli imbottigliatori per circa 25mila ettari rivendicati e quasi 100 milioni di bottiglie prodotte. Inoltre dal primo gennaio tutte le bottiglie hanno il contrassegno di Stato.
Quello su cui si sta lavorando, tra l’altro, sono i progetti di valorizzazione delle autoctonie siciliane come il lucido e il nero d’avola, di cui è interessato l’ultimo focus del viaggio in Sicilia durante il quale il Consorzio Doc Sicilia ha rilasciato questi dati.
In particolare le masterclass che si sono tenute a Villa Giulia in Val di Noto hanno affrontato il tema di come l’uvaggio si adatta e si trasforma coltivato su suoli e ad altimetrie differenti.
Oggi conta 387 ettari, ed è il più presente come vitigno a bacca rossa. Sono 8551 gli ettari rivendicati nel 2021 ma il potenziale si spinge a 15mila. Agrigento con quota 5105 è la provincia più vitata a nero d’avola. La gestione del suolo è fondamentale per il risultato finale dell’uva perché i vini traggono dal terreno una serie di componenti che determinano tipicità e carattere del vino.
MASTERCLASS NERO D’AVOLA: I SUOLI
1.Nel dettaglio nei sei campioni esaminati il primo riguarda un impasto franco argilloso, nell’annata 2020, che ha manifestato una ricca presenza floreale all’olfatto con elevata espressione fruttata che ci ha reso un vino rotondo. Dal territorio di Trapani a 200 m s.l.m. è risultato molto vivace e fresco con una decisa speziatura pepata ma anche slancio agrumato in mandarino. Un vino di moderna concezione.
2. Campione proveniente da suolo argilloso, di struttura, di colore, consistenza e longevità. Dal territorio palermitano si sale a 600 m s.l.m con 12 mesi di barrique 20% nuove il resto secondo e terzo passaggio.
3. Suolo sabbioso per il terzo campione proveniente da terreno ricco di ferro (Vittoria, Ragusa). Più minerale, fine, delicato, dal colore più trasparente. Ritrova la sua delicatezza nel frutto, al palato, dove emerge la spezia di pepe bianco. Acidità più marcata, sapido e salato.
4. Da suolo calcareo bianco composto da carbonato di calcio. Spicca in note agrumate miste a tratti vegetali. Il territorio di provenienza è Siracusa a 220 metri s.l.m (acciaio e affinamento in botti da 25 ettolitri). Più teso e acido.
5. Dal suolo calcareo argilloso ha una struttura piena, molto ricco e potente. Fa 12 mesi di tonneau di rovere di Slavonia di diversa capacità e proviene da Caltanissetta.
6. Suolo argilloso e limoso proviene dalla campagna trapanese (4-6 mesi acciaio e cemento). Manifesta una amarena intensa mista a spezie scure.
NERO D’AVOLA
Dalla liquirizia al tabacco fino al peperoncino, sentori di spezie e ciliegie, colore rubino più o meno intenso, brillante, vivace, con riflessi violacei o granati: considerato il vitigno a bacca rossa più importante della Sicilia, con più di 48 milioni di bottiglie certificate nel 2021, il Nero D’Avola DOC Sicilia conferma il trend positivo in atto dal 2018, quando le bottiglie erano circa 10 milioni.
Dal bacino embrionale della Sicilia sud-orientale, il Nero d’Avola si è gradualmente diffuso in lungo e in largo in tutta la Sicilia, oggi è presente in modo esteso in tutte le provincie siciliane ed è la cultivar più rappresentativa di Agrigento, Caltanissetta, Siracusa, Ragusa ed Enna, mentre nelle altre provincie figura al secondo (Palermo, Catania, Messina) o al terzo posto (Trapani).
“Il Nero D’Avola è un prodotto che esprime in modo universalmente apprezzato caratteristiche territoriali e culturali proprie dell’isola – sottolinea Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia – e sta senza dubbio fornendo un contributo prezioso nel far conoscere sempre di più la Sicilia nel mondo con le sue eccellenze”.
CENNI STORICI
Il vitigno Nero d’Avola fu importato dai greci durante la loro presenza nell’isola, da loro deriva anche il tipo di allevamento a “bassa ceppaia”, impiantato tipicamente a spalliera o ad alberello.
Storicamente, il Nero d’Avola viene chiamato “Calabrese”, una denominazione utilizzata già nel 1600 quando, con Calavrisi o Calaulisi, venivano indicati tutti quei vini associabili al Sud Italia per caratteristiche qualitative, metodo di lavorazione, colore e zuccheri.
Una spiegazione del suo nome potrebbe trovare radici nella lingua antica siciliana dove “Calea” stava per uva e “Aulisi” per Avola, borgo di Siracusa, dunque “Calaulisi” come uva di Avola.
Di certo il nome “Nero D’Avola, con il quale il vitigno è riconosciuto da sempre in Sicilia, sottolinea l’importanza della zona di Avola come centro, se non origine, sicuramente di antica coltivazione della cultivar.
Le testimonianze più antiche inerenti la coltivazione nel territorio Siciliano provengono dal Mendola (1868), che riferisce della presenza di tale vitigno nelle province di Agrigento, Catania e Siracusa. Alla fine del 1800, come si attesta dai bollettini ampelografici delle altre provincie siciliane, il Nero d’Avola si diffonde in tutta la Sicilia.
VARIETÀ
Il Nero d’Avola, in funzione della sua antica origine e della elevata superficie su cui è coltivato, presenta una significativa variabilità intravarietale a carico soprattutto degli aspetti morfologici e compositivi delle uve. Questa è stata valutata per tutti i diversi aspetti utilizzati per la fenotipizzazione della varietà permettendo così di definire quattro biotipi che si caratterizzano sia per aspetti morfologici, in special modo forma e dimensione del grappolo, sia per quelli agronomici ed enologici. Questi quattro biotipi sono identificati come A, individuato nell’area della Sicilia centro-meridionale, il biotipo B quello maggiormente diffuso sul territorio isolano ma identificato nella Sicilia occidentale, il biotipo B1 proveniente dall’area viticola della Sicilia sud-orientale, il biotipo B2, molto simile al B1.
Il Biotipo A presenta un grappolo cilindrico allungato e un acino medio; il vino è di colore rubino carico ed è caratterizzato dalle note di fragola e ciliegia, speziato (pepe nero), con leggere note balsamiche a cui si aggiungono quelle di mallo di noce, al gusto evidenzia una buona struttura, equilibrata acidità, buona dotazione di tannini morbidi, che contribuiscono a conferire lunga persistenza in bocca. Si presta bene all’ottenimento di vini ricchi e complessi, ideali per gli affinamenti.
Il Biotipo B presenta un grappolo di dimensioni medio grandi, tendenzialmente compatto, fertilità dei germogli media, fornisce buone e costanti produzioni; vino di media alcolicità si presta alla produzione di vini tendenzialmente più leggeri e facili da bere, che possiedono un profilo aromatico più fresco e un corpo meno pesante, da consumarsi preferibilmente dopo brevi affinamenti.
Il Biotipo B1 presenta un grappolo cilindrico semi compatto di medie dimensioni; il vino dall’aroma fine e delicato, ricco di colore presenta un’elevata struttura alcolica, una buona acidità e alti tannini, adatto alla produzione di vini di medio lungo affinamento anche in legno. Il Biotipo B2 presenta un grappolo medio, conico molto compatto.
Il biotipo A, inoltre, vanta maggior peso medio dell’acino e del grappolo con un vantaggioso numero di grappoli. Di contro, il biotipo B appare il meno ricco in composti fenolici, pur avendo l’acino che pesa meno e un peso medio del grappolo basso. I biotipi B1 e B2 si somigliano e presentano minor tenore alcolico di B ma maggior concentrazione di polifenoli.
MASTERCLASS ALTIMETRIE
Il Nero D’Avola per il migliore sviluppo ricerca medie altimetrie e ha bisogno di sole per la maturità ottimale.
Campione 1 2020 proveniente del territorio ragusano i vigneti si trovano a 100 m slm (fa 10 mesi di barrique, 33% nuove). Al palato regala sensazioni piccanti e dolci e una discreta tensione acidica.
Campione 2 Da 200 m s.l.m. si trova nella provincia di Agrigento (8 mesi di barriques e tonneau). Frutto e speziatura ben amalgamati al naso come in bocca.
Campione 3 con vigneti a 300 m a Palermo (acciaio e metà della massa in rovere da 30 ettolitri) ha sfumature più balsamiche.
Campione 4 A 400 m s.l.m in provincia di Palermo (6 mesi di barrique e sei in tonneaux di rovere francese). Amarena, mora con sensazioni speziate e tratti vegetali.
Campione 5 A 500 m s.l.m ad Agrigento (6 mesi in barrique e tonneau rovere francese). si mostra più carnoso.
Campione n.6 A 600 m s.l.m a Caltanissetta (12 mesi di barriques). Dai ricordi di oliva nera sembra impenetrabile. In bocca invece è slanciato, dinamico con una tensione acidica importante e una bella polpa.
Consorzio di tutela vini DOC Sicilia
Il Consorzio di tutela vini DOC Sicilia (https://siciliadoc.wine) prende vita nel 2012, con l’obiettivo di rappresentare il vino del territorio siciliano e promuovere la denominazione DOC Sicilia, con azioni di promozione mirate alla crescita della visibilità di un marchio simbolo del Made in Italy e alla tutela e vigilanza a difesa del consumatore e dei produttori. Oltre 7.000 viticoltori e quasi 500 imbottigliatori sono promotori della Denominazione di Origine Controllata, un riconoscimento utile a rappresentarli ma anche a valorizzare e salvaguardare la produzione vinicola dell’isola. La produzione di bottiglie è imponente: nel 2020 sono state prodotte oltre 90 milioni di bottiglie, nel 2021 oltre 95 milioni. Il sistema Sicilia DOC è produttore di eccellenza sostenibile: tanti degli oltre 23mila ettari di vigneto della Denominazione sono coltivati rispettando il disciplinare della vitivinicoltura sostenibile della Fondazione Sostain Sicilia.