Attilio Scienza

“La Stirpe del vino” è l’ultimo libro di Attilio Scienza (scritto con Serena Imazio ed edito da Sperling & Kupfer). Oltre a parlarci di nobili ascendenze e incroci bastardi dei vini più amati ne approfittiamo per parlare ancora una volta di Bolgheri. Il legame è forte, la prima zonazione porta la sua firma e quest’anno Guado al Melo, l’azienda da lui fondata e che oggi è guidata dal figlio Michele e la nuora Annalisa, compie 20 anni. E Bolgheri sta attraversando veramente un periodo fortunato…

Bolgheri, qui 20 anni fa ha fondato l’azienda con suo figlio, Guado al Melo. Venti anni sono passati: il 1999 segna un po’ l’inizio del boom che il taglio bordolese avrebbe sviluppato a Bolgheri negli anni Duemila…

Il successo dei bordolesi,  utilizzati nel taglio con il sangiovese (o meglio dei Super tuscan) inizia molto prima con la crisi dei vini tradizionali toscani (Chianti in primis), dopo la fine della mezzadria, verso la fine degli anni ’60. La ricostruzione della viticoltura della Toscana centrale fatta con viti di Sangiovese non selezionato e con un modello viticolo poco orientato alla qualità, ha costretto i produttori ad offrire al mercato straniero, americano soprattutto, vini prodotti sullo stile bordolese, (Cabernet Sauvignon da unire al Sangiovese e la barrique). In quegli anni Mario Incisa della Rocchetta si cimentò nella produzione di un vino  che potesse confrontarsi con quelli dei francesi che incontrava negli ippodromi di tutto il mondo dove Ribot era protagonista  incontrastato. Dopo innumerevoli  e poco favorevoli esperimenti  fatti con vitigni toscani, approdò al Cabernet Sauvignon con il quale nel 1968 sbaragliò, a Londra, la concorrenza dei vini dei più importanti  Chateau bordolesi. Si può affermare che assieme a suo cognato Niccolò Antinori  fu  l’inventore dei Super tuscan, (senza utilizzare peraltro  il sangiovese nella miscela) e  fu il primo a codificarne la ricetta ed a farli diventare vini famosi. Prima di lui chi produceva  un vino toscano diverso dalla miscela del Chianti preferiva lasciare nel mistero la sua composizione: la sua forza fu il coraggio di cambiare e di farlo sapere.

biblioteca Scienza Guado al melo

La mia conoscenza di Bolgheri inizia nel 1992 con la zonazione viticola che ho coordinato e con la caratterizzazione  pedo climatica del suo territorio che portò alla Denominazione d’Origine Controllata “Bolgheri” ed alla delimitazione della sottozona “Sassicaia”. Fu Piermario Meletti Cavallari ad indicarmi il terreno da dove è iniziata la nostra avventura bolgherese. Dico nostra perché un grande ruolo nella scelta di Bolgheri  la ebbe mia moglie che nei primi anni di attività, prima che l’azienda passasse nelle mani di mio figlio Michele, si occupò attivamente del suo sviluppo. Allora le aziende erano poche e molto famose e quindi la sfida era oggettivamente  difficile, ma valeva la pena tentare perché le caratteristiche ambientali erano molto originali rispetto alle altre zone viticole toscane  e le indicazioni della grande vocazione qualitativa nei vini prodotti, emerse dalla zonazione, erano molto promettenti. Di questo territorio mi ha sempre impressionato la sua luminosità, che ha un ruolo centrale nelle caratteristiche organolettiche dei suoi vini.  L’attuale realtà produttiva rappresentata da aziende leader a livello internazionale  e la fama meritata di vini di Bolgheri sono la conferma che quelle premesse individuate dalla zonazione erano fondate.

Oggi come  trova Bolgheri e nel futuro?

Bolgheri è attualmente una delle denominazioni italiane più rinomate nel mondo, come dimostra l’interesse delle importanti aziende viticole che hanno investito in questo territorio e degli importatori che vogliono avere nei loro listini un vino di Bolgheri. Tra i fattori di successo al di là delle caratteristiche ambientali, davvero inimitabili, non si può dimenticare il rispetto che hanno i produttori per questa denominazione che si manifesta nelle basse rese di uva ad ettaro, nella fedeltà alle tecniche di vinificazione che l’hanno resa famosa e nello stile con il quale questi vini sono comunicati al consumatore.  Questi valori devono rimanere anche come capisaldi nello sviluppo futuro.

E la Toscana in genere?

Anche la viticoltura della Toscana sta attraversando un momento magico,come dimostrano i dati delle esportazioni delle Denominazioni più importanti e del turismo del vino.  Se si vuole muovere  una critica, questa si riferisce alla comunicazione del suo territorio e del suo vino,che non ha una strategia unitaria come invece fanno le grandi zone viticole delle Francia (Bordeaux,Borgogna,Champagne,etc) ma realizzata in modo individuale, attraverso le sue Denominazioni. Questo fa perdere negli stranieri la percezione di una Toscana erede di una grande storia e custode  attenta delle sue ricchezze  ambientali .Bisognerebbe inoltre investire di più nella conoscenza del vino e del suo intorno con master,summer school,seminari destinati ad un consumatore sempre più attento al racconto del vino e sviluppare una ricerca orientata alla creazione di varietà resistenti alle malattie e meglio adattate al  cambiamento climatico ,senza dimenticare gli sviluppi delle tecniche digitali nella valorizzazione delle risorse ambientali.

Come nasce l’idea del libro e quali sono i suoi tratti più salienti?

Questo libro nasce per  soddisfare  l’interesse crescente dei consumatori nel conoscere, come per le grandi famiglie, il cammino che hanno fatto i vitigni nella storia e nel tempo per giungere fino a noi. Una sorta di albero genealogico con lo scopo di chiarire da dove sono nate le migliaia di varietà che sono coltivate in tutto il mondo .

Annusare il sughero subito dopo aver stappato una bottiglia, accostare il naso al bordo di un bicchiere, alzare il calice e osservare colore e limpidezza del vino; sono gestualità ricorrenti per ogni amante del vino. Vista e olfatto sono apparentemente i soli due sensi ad essere costantemente sollecitati durante la degustazione, ma se solo accostiamo anche l’orecchio al bicchiere veniamo portati in un mondo lontano fatto di guerre, di migrazioni di popoli, di razze che si mescolano fino a non esistere più, come un confine, che non è più limite e ostacolo ma punto d’incontro, un’opportunità di creare qualcosa di nuovo e originale. Storie di navi, di tempi antichi, che hanno solcato mari lontani e cariche di ogni bene sono alla fonda in attesa di entrare in porto e svelare i propri tesori. Se lo stiamo a sentire il vino ci spiegherà quante volte ha visto cambiare il clima: passando dal caldo al freddo; quante volte si è dovuto abituare e riabituare di nuovo alle sue stravaganti mutevolezze. Una storia avventurosa e sul cui sfondo si stagliano orgogliose le grandi dinastie di viti; quelle dei grandi vitigni che ancora sono la base delle eccellenze enologiche. Questo libro parla di loro e di noi; delle piante e degli uomini, di destini intrecciati e interconnessi. Dalle ipotesi alla verifica sperimentale, questo libro racconta di come negli ultimi 20 anni biologi, agronomi e antropologi abbiano svelato segreti o confermato sospetti e contributo ad aumentare il fascino del mondo del vino.

Il tema è molto curioso, si parla di stirpi e di vino: parentele ed incroci … come lo ha sviluppato?

I destini dell’ uomo e della  vite si sono fin dalle origini costantemente  incrociati. Basti pensare alla storia delle civiltà antiche al ruolo dei miti, ai processi della domesticazione della vite, da pianta selvatica a vitigno coltivato, il ruolo che hanno anche in passato i cambiamenti climatici dal Diluvio storico ad oggi, nella nascita e nella distribuzione  delle varietà nel mondo. L’argomento è stato sviluppato attraverso sette storie: il curioso caso dei lambruschi. I moscati e le malvasie: le malvasie, un gruppo varietale geneticamente molto eterogeneo, la cui storia in Occidente inizia con la piccola glaciazione medievale , che ha avuto in Venezia la protagonista della loro diffusione in Europa. Anche i  moscati, una  grande famiglia geneticamente fortemente imparentata  , devono il loro successo al loro aroma ed ai commerci nel Mediterraneo operati dai mercanti greci  e dalle Repubbliche marinare. Pinot e Traminer: come Roma con le legioni di Probo ha portato il vino nell’impero e come dall’incontro di vitigni di origine danubiana ed europea si sono originate le varietà che sono alla base delle grandi dinastie dei vini europei. Come inoltre alcuni vitigni alpini come il Teroldego, il Marzemino ed il Lagrein sono parenti di Syrah e di Pinot. La Ribolla, le robule e le rebule: le ipotesi sulle sue origini, il ruolo nel commercio del vino veneziano, quando Venezia ha smesso di “coltivare il mare” ed il significato di confine nella condivisione di una identità al di là delle appartenenze politiche. Sangiovese e Garganega : il contributo fondamentale di questi due vitigni allo sviluppo della piattaforma ampelografica italiana ed alla nascita di molti vini bianchi e rossi del nostro Paese. Primitivo e Vranac : l’origine contesa del Primitivo, figlio di Vranac, vitigno autoctono del Montenegro e sinonimo dello Zinfandel, denominazione con la quale è chiamato il Primitivo in California. Infine la breve storia di come le malattie della vite (oidio e peronospora) dall’America hanno conquistato il mondo e come hanno cambiato per sempre la viticoltura europea (fillossera).

Immagino che sia già al lavoro per un nuovo libro, nuovi progetti, che ci svela?

Ci sono tanti stimoli,  idee, ma ancora nulla di preciso. Sto curando per il momento la ristampa dell’Atlante geologico dei vini d’Itali della Giunti, che è esaurito e che ha avuto un grande successo.

 

Articolo precedenteBANDITI E SENZA CLICHE’, I VINI ANARCHICI DI NADIA VERRUA
Prossimo articoloLA NUOVA ERA DEI BARISÈI
Toscana pura, giornalista nel Dna, ho una laurea in lettere moderne conseguita all’università di Firenze. Non ricordo bene quando ho iniziato a scrivere, ma ero parecchio bassa. I colori e i profumi della natura mi hanno sempre ispirato, la mia valigia è piena di parole… e mi concedo spesso licenze poetiche… Poi è arrivato il vino, da passione a professione. A braccetto con la predisposizione e pratica attiva per i viaggi e la cucina internazionale e ancor più italiana… assaggiare ed assaggiare… sempre. E’ giunto il momento di scriverne, con uno spirito critico attento. Da sommelier ho affinato certe tecniche di degustazione ma quello che conta nel vino,come nella vita, è l’anima. Basta scoprirla. E’ bello raccontare chi fa il vino e come lo fa. Perché il vino è un’inclinazione naturale…

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci qui il tuo nome

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.