L’immagine è quella di poco più di una bambina ma la precisione è da gran enologa. Giulia Harri, 29 anni, infatti lavora in una delle cantine più prestigiose della Toscana, Tua Rita a Suvereto.
E ancora coltiva il sogno del padre, prematuramente scomparso, a Montalcino. Dove con le sorelle Silvia e Pepita e la madre Claudia si occupa della cantina di famiglia, Ferrero. Pablo Harri infatti era svizzero, trapiantato in Toscana, è stato tra i primi a lavorare a Montalcino, cominciando dalla storica azienda vitivinicola Banfi, ai primi anni Ottanta.
Circa tre gli ettari di cui uno e mezzo a Brunello. Podere Pascena si trova a metà strada tra S. Angelo in Colle e S. Angelo Scalo, due frazioni sul versante esposto a meridione del comune di Montalcino. Completamente in pietra, costruito ai primi del Novecento, oltre ad essere la loro casa, col recupero delle vecchie stalle e del granaio si è trasformato anche in cantina, dove oggi avvengono i processi di vinificazione ed invecchiamento.
Giulia però si divide con la sua attività di aiuta enologa cantiniera a Suvereto, un impegno che l’ha fatta crescere e maturare molto, soprattutto sul modo di vivere ed interpretare il vino.
Dove e come comincia la sua storia professionale?
Sono stata fortunata a crescere in una famiglia dedita alla vigna e al vino e ho sentito la curiosità di approfondire e studiare, così nel 2013 mi sono laureata in Viticoltura ed Enologia all’Università di Pisa. In seguito alla laurea ho fatto diverse esperienze lavorative che mi hanno permesso di viaggiare e crescere professionalmente come Bodegas Re in Cile e Chacra in Patagonia. Dal 2016 lavoro in cantina a Tua Rita oltre che nell’azienda di famiglia.
Giovanissima ma già attiva in realtà importanti?
Mi sento molto onorata di lavorare a Tua Rita, qui sono aiuto-enologa con la preziosa guida dell’enologo Marco Lamastra e la stimolante consulenza di Luca D’Attoma.
Come è cresciuta in questa realtà?
Diciamo che sto crescendo! Lavoro in una realtà aziendale dinamica, attenta ai cambiamenti ed in continua evoluzione, sia in vigna che in cantina.
E poi c’è Montalcino, l’azienda di casa. Ce ne parla?
L’Azienda agricola Claudia Ferrero è una realtà familiare di pochi ettari nata dall’amore e dalla passione per il territorio di Montalcino dei miei genitori.
Sono due zone di Toscana molto diverse. Da una parte taglio bordolese e dall’altro Sangiovese puro. Come si cimenta con queste due dimensioni?
In entrambe le zone l’intento è quello di riuscire ad esprimere le caratteristiche del territorio nel bicchiere, esaltando la varietà e interpretandola nelle diverse annate.
A Montalcino, un’azienda fondata da vostro padre che aveva una lunga storia sul territorio montalcinese. Ora siete rimaste solo donne? E’ dura?
Si, è dura. Ma è anche un lavoro che ci unisce e lega ancora di più al ricordo di nostro padre. Ognuna di noi partecipa alla vita dell’azienda sotto lo sguardo attento, e a volte un po’ stanco, di mia mamma.
Suo padre era un enologo negli anni Ottanta. Cosa le ha insegnato? E’ stato importante nella sua scelta professionale?
Da genitore ha lasciato che ognuna di noi fosse libera di scegliere la propria strada. Da enologo è stato per me un grande esempio. Mi ha insegnato la gentilezza e il rispetto che ci vogliono nella vita come in cantina per non sciupare quello che fa la natura.
Cosa penserebbe oggi della vostra azienda?
È una domanda che mi pongo quotidianamente, alla quale però purtroppo non ho risposta.
Qual’ è il vino che vorrebbe fare?
Domanda difficile. Un vino che sia sincero.
Che tipo di enologa si sente?
Mi sento che vivo con entusiasmo, precisione e sempre voglia di imparare il mio lavoro. Mi piace stare in cantina e fare tesoro dei profumi.
Quale sono per lei le caratteristiche più importanti per un vino?
L’armonia, l’equilibrio e la personalità.
Ha un sogno preciso? Per il futuro intendo?
Ho tantissimi sogni, in questo momento di crisi mondiale il più grande è quello di ritornare ad abbracciare la normalità, magari una normalità più consapevole.
Come posiziona la viticoltura toscana nel mondo?
Non credo di saperla posizionare perché vivo e conosco una piccola parte della viticoltura Toscana, di quella del resto del mondo apprezzo spesso i vini che ne derivano.
Il vino preferito?
Tutti quelli che mi hanno regalato un sorriso. Se devo sceglierne uno direi Sassicaia annata 1988.
Un vino che dedicherebbe a suo papà…
Gli dedico sempre il mio lavoro. Credo il Brunello 2016, che ha vinificato lui insieme a mia mamma e che noi con tanta emozione abbiamo imbottigliato, senza di lui.