Autochtona 2018 è stata l’occasione per far visita ai produttori altotesini. Un focus molto interessante su alcune delle aziende più rappresentative e sperimentali. I temi in rosso erano due: la Schiava e il Lagrein. Il primo un vitigno molto più che rappresentativo dell’Alto Adige e in particolare della zona di Caldaro, dove ancora si trovano Pergole di 100 anni di età. Poi spostandosi verso Bolzano troviamo il St Magdalener, ovvero la Schiava che aggiunge una piccola percentuale di Lagrein, che è l’altro vitigno di punta del territorio. E quello su cui hanno deciso di puntare di più per il futuro.


Siamo partiti dalla Cantina sociale di Caldaro, Kellerei Kaltern, diretta da Andrea Moser che ne è l’enologo. Ad agosto è stata inaugurata la nuova cantina, 11mila metri quadri di struttura.

La cantina sociale con i suoi 476 ettari rappresenta il 10% della superficie vitata altotesina, la produzione è di circa 28.000 ettolitri. Dei circa 1000 produttori di Caldaro, 400 sono soci della Cantina. Qua abbiamo scoperto la nuova Schiava, un assaggio in vigna, con vista spettacolare e in occasione dell’ultimo giorno di vendemmia. Si tratta di Into the wood (XXX), (Experiment, Explore, Exclusive) 2017, la Schiava 100 percento affinata in legno, barrique per un anno. Una vera novità che spacca con il passato tradizionale. Note golose al naso con lampone e fragolina. In bocca snello, pulito e danzante. Fresco, scivola, si estende e allarga. Una scommessa vinta e che fa ben sperare sulla sperimentazione futura del vitigno portabandiera della zona.
Quintessenz Schiava 2017 Un pieno di frutta che esplode al naso: ciliegie, lamponi, fragoline con leggeri cenni di frutta secca. Schietto in bocca si articola con rapidità e vibra. Col rispetto della tradizione si punta all’immediatezza e alla bevibilità.
Kunst.Stùck Lago di Caldaro Superiore 2016 Schiava selezione da vigneti di 60-70 anni di età. Grande eleganza al sorso con immancabili note di frutto rosso come ciliegia e ribes. Nocciole e mandorle rosso rubino brillante. Un vino profondo e di lunga persistenza.
Christian Plattner a Waldgries, Bolzano, è un vignaiolo dritto, poco modaiolo e molto preciso. Il Vigneron bolzanino del St Magdalener. Non è qui a caso, la proprietà risale al 1242. Nonno, padre e figlio si sono alternati alla conduzione dell’ultima generazione. I risultati sono vini molto coinvolgenti, puliti, freschi e di grande personalità. Dalla Schiava al Lagrein, l’autoctonia altotesina nella sua espressione più artigiana e vera.

La proprietà di famiglia risale al 1242 e la cantina affonda le radici per ben sette metri sotto terra. Il nonno ha iniziato nel ’68 con la prima bottiglia, quindi oggi festeggiano mezzo secolo di produzione. Plattner ha investito nel vecchio taglio misto per produrre il St Magdalener, unendo piccole porzioni di altri vitigni autoctoni di derivazione dalla Schiava. Produce anche bianchi come il Sauvignon e il Pinot bianco nella zona di Appiano.
Molto interessante l’Antheos, che contempla raspo e vinacce, rende un vino fresco, pulito di grande finezza. E ancora la selezione che compone il Roblinus De Waldgries 1242, più di 30 mesi sulle bucce, da un vigneto di 50 anni di età, un vino che è espressione viva del terroir e della mano che lo interpreta con grande eleganza.

Per quanto riguarda il Lagrein, la Riserva 2016, che conta una lunga macerazione sulle bucce, manifesta una bella profondità in bocca, con acidità viva sul finale. Cresce di complessità e sprigiona note di amarena e frutta scura.
Cantina sociale Bolzano, Kellerei Bozen.

Appena inaugurata rappresenta l’investimento più grande operato nella storia della viticoltura altotesina: 35 milioni di euro. Sono 224 i soci per circa 3 milioni di bottiglie prodotte che si traducono in circa 20 milioni di incassi. Gli ettari sono 340, il 60% a rosso e il restante 40 dedicato al bianco. Dal 2001 raccoglie i viticoltori della zona di Gries e quelli del St Magdalena. L’enologo è Stephan Filippi, direttore Klaus Sparer.

La cantina ci ha proposto una verticale di Lagrein. Abbiamo iniziato dal 2017 per arrivare alla 2003. Sotto i riflettori Taber Riserva , Prestige Riserva con altri due assaggi del Lagrein Collection 2017 che ha esibito un colore molto intenso con note di crauto e affumicato. Disteso e piacevole in bocca.

Il Taber in generale (Lagrein 100%, abbiamo assaggiato la Riserva 2016, 2015, 2012, 2013, 2010 e 2003) è un vino molto sanguigno, muscoloso, in cui nelle annate più giovani la componente alcolica è più immediata con toni spiritati al naso. In bocca entra con dolcezza e si stende con pulizia e una certa freschezza. Più si retrocede e più si dimostra con orgoglio e completezza. La 2013 si è rivelata molto interessante con note di frutto dolce e croccante misto a spezia , bello in bocca, in equilibrio, perfettamente armonico. Direi il migliore assaggio della batteria. Anche la 2012 ha mostrato freschezza e spezia che spinge nel finale.

Per quanto riguarda la linea Prestige (abbiamo assaggiato la Riserva 2015, 2013, 2011, 2003), si delinea un vino che esce sempre bene nell’immediato come a ritroso nel tempo, incanalato, riserva meno sorprese. Più fruttato con toni di ciliegia sprigiona buona bevibilità e freschezza, con un’armonia d’insieme molto percepibile. Seppur nel confronto col Taber 2013, quest’ultimo ne esce nettamente vincitore. Molto croccante l’annata 2011 con intense note di vaniglia.
Cantina Griesbauerhof, famiglia Mumelter

Anche questa cantina ha proposto una piccola verticale di Lagrein, dal 2017 al 2009. La forma di allevamento maggiore è a Pergola. La cantina artigianale é condotta dalla famiglia Mumelter produce anche uno spumante, Metodo classico, a base di Lagrein. Quella proposta è ancora una differente interpretazione di Lagrein che ben si legge in tutti i bicchieri: tradizionale, attaccata alle radici, 100% altotesina di Gries.
Un Lagrein molto verace, ancora cupo a tratti, nelle annate più giovani. Il frutto verte ai frutti neri come il mirtillo, la mora da cui esce sempre vibrando la spezia. Più struttura e più volume in bocca per la 2016, con note pepate che spiccano nel finale, che ricordano lo speak, misto di dolcezza. La 2015 appare in perfetto equilibrio con frutto nero che esce intenso al naso.

La 2013 è molto rotonda in bocca con morbidezza di tannini, la 2011 denota cenni di un’annata più calda, con alcool ancora non del tutto disteso. Anche se in bocca si stende morbido con note finali di cacao. Fresca e lunga anche la Riserva 2009. Un vino composto, di equilibrio ed armonia.