Una distesa di vigneti che sembra perdersi nell’infinito. Molto suggestiva. E se ne contano 650 di ettari (550 vitati che si traducono in circa 5 milioni di bottiglie) e tutti accorpati, non molto lontano dall’aereoporto di Alghero. Stupefacente un po’ per tutti, ma soprattutto per zone come la Toscana dove ci sono sì tanti ettari vitati, ma tutti dislocati in zone differenti.
Sella e Mosca è dal 2016 proprietà della Holding Terra Moretti (guidata da Vittorio Moretti con le figlie, Carmen, Francesca e Valentina), già proprietari di Bellavista e Contadi Castaldi in Franciacorta, Petra e Teruzzi in Toscana. L’acquisizione avviene dal gruppo Campari proprietario dal 2002.

La prima cosa che colpisce però è senz’altro la continuità di vigneti, senza eguali. L’azienda più estesa della Sardegna e d’Europa e la più storica. Infatti proprio nei giorni scorsi ha festeggiato 120 anni. Le varietà più coltivate sono il Vermentino, il Cannonau e il Torbato. Oltre al Cabernet Sauvignon. L’annata 2019 sarà la prima certificata interamente biologica.
La storia dell’azienda di Alghero inizia nel 1899 per mano dei due intraprendenti piemontesi che le danno il nome: l’ingegnere Sella, nipote del famoso statista Quintino Sella, e l’avvocato Edgaro Mosca. I due in quell’anno iniziarono un’importante opera di bonifica dei terreni. Sono passati 120 anni da allora e quell’impresa suona ancora pionieristica, unica ed esemplare. Erano quelli gli anni in cui l’Europa vitivinicola usciva flagellata dalla fillossera, parassita che aveva devastato gran parte dei vigneti europei; per ripartire erano necessarie nuove viti, che presentassero apparato radicale della vite americana e apparato aereo della vitis vinifera. Il progetto di Sella&Mosca era ambizioso: strappare la terra della località “I Piani” agli acquitrini e all’abbandono, per renderla uno dei più importanti vivai per la produzione di barbatelle; insomma, trasformare una zona della Sardegna incolta in un immenso vivaio. Dopo i 15 ettari della tenuta “Nuraghe Majore” si aggiungono i 600 ettari dei “Planos de Sotzu”.

Vittorio Moretti già ideatore di modelli di successo in Franciacorta e in Toscana, con sua figlia Francesca, enologa e AD del Gruppo Terra Moretti vino dichiara: “Quando siamo arrivati da Sella & Mosca, io e Francesca siamo rimasti così colpiti da quel vigneto a corpo unico da non poter resistere. Il nostro obiettivo è proprio rafforzare la vigna, fare tornare la cantina a essere quello che è sempre stato nel suo Dna.”
Come famiglia – spiega Francesca Moretti – “credo ci sia una responsabilità sociale nel promuovere e nel raccontare il territorio. Poi è un circolo virtuoso e ne beneficiamo anche tutti noi”.
Accanto all’impegno enologico viene realizzato il recupero architettonico e funzionale del vecchio centro aziendale, comprendente anche una piccola chiesa dedicata alla Madonna dell’Uva e articolato in suggestive cantine storiche insieme a padronali abitazioni d’epoca divenute oggi oggetto di attività agrituristica. L’obiettivo è di aumentare la capacità ricettiva e rendere la struttura il più aperta possibile all’accoglienza.
Le cantine storiche sono state costruite nel 1903, ma ci sono anche l’enoteca e il piccolo museo, diviso nella sezione aziendale e in quella archeologica legata alla necropoli di Anghelu Ruju, scoperta negli stessi anni nell’area della neonata azienda e da cui prende nome uno dei vini prodotti.

“Quando siamo arrivati a Sella & Mosca, Francesca ed io siamo rimasti così colpiti da quel vigneto a corpo unico da non poter resistere. Il nostro obiettivo è proprio rafforzare la vigna, fare tornare la cantina a essere quello che è sempre stata nel suo Dna.”
La famiglia ha voluto reintrodurre subito, incentivandola, la coltivazione del Torbato, un vitigno autoctono sempre più in disuso. Da qui nasce il Torbato Brut, un vino spumante prodotto con uve torbato storicamente prodotto da Sella&Mosca ma che, con i Moretti, acquisisce una nuova fisionomia, sia produttiva, dato che le uve vengono lavorate e spumantizzate ad Alghero, sia stilistica, diventando più vibrante, fresco e di verticale bevibilità.

Uva rara e preziosa, riscoperta e valorizzata dopo anni di grande lavoro, cresce su terreni ricchi di calcare provenienti da sedimentazioni marine millenarie. I grappoli selezionati si distinguono per la spiccata acidità, che conferisce al mostro le migliori caratteristiche per al spumantizzazione. Un connubio unico, esaltato dal metodo cuvée close, capace di preservare al meglio gli aromi, conferendo al vino brillantezza e fragranza. Il progetto si è arricchito dalla collaborazione con lo stilista Anotnio Marras che ha creato la linea delle etichette speciali dei quattro nuovi vini di Sella&Mosca prodotti dai vitigni più rappresentativi dell’azienda: vermentino, cannonau e torbato, proposto in due versioni, una classica e una Metodo Classico.

L’ispirazione prende corpo dalla notte magica di San Giovanni (23-24 giugno) quando due marinai, un pugile, un eccentrico e un uomo ingiustamente accusato di essere un bandito si incontrano ad Alghero e saltando il fuoco diventano compari. I quattro vini portano il nome dei personaggi raccontati da Marras: Oscarì, il Metodo Classico da uve torbato; Ambat il Vermentino di Sardegna; Catore l’Alghero Torbato e Mustazzo il Cannonau di Sardegna. Ne nasce una storia di amicizia, di legami autentici, di valori e di territorio.
“Sempre più spesso mi sento dire, ma chi te lo ha fatto fare, – aggiunge Moretti – ma per me fare impresa, in questo caso vino, significa generare, dare nuova vita. Come accade in una famiglia. Fondare un legame che non si esaurisce ma vuole dare nuove vite. Portare energia, creare futuro. Ho fatto questo passo a 75 anni ora ne ho 78. Ho sempre vissuto così e continuerò a farlo finché Dio vorrà”.

La parte agronomica dell’azienda è seguita dal gruppo Simonit e Sirch. “Quella che Moretti si è trovato ad affrontare – ha spiegato Marco Simonit – è stata un’eredità vitivinicola non molto facile. Alcune vigne si presentavano in uno stato molto grave e le abbiamo estirpate. Ci sono volute tante energie e tanti investimenti. Abbiamo cercato di portare avanti l’identità territoriale rispettando la storia dell’azienda. All’inizio del secolo la viticoltura tradizionale della Regione si presentava quasi tutta ad Alberello. Così abbiamo voluto riproporre le forme tradizionali ma con uno stile nuovo.
E’ quindi partita l’operazione di reimpianto che potrà interessare fino ad un centinaio di ettari, al momento. Il metodo impone di partire prima la radice, che deve adattarsi al suolo per poi innestarci sopra le barbatelle. Tutto questo alla scopo di garantire più longevità possibile alla pianta. Per rendere le vigne più resistenti – ha concluso – mantenendone la genetica. Un lavoro lungo anni. E’ una pratica che c’è sempre stata ma oggi si è un po’ persa per la troppa velocità di esecuzione, per la fretta di molti. Invece è necessario per mantenere il patrimonio vinicolo nel tempo. Senza tralasciare come si sa le tecniche di potatura che sono altrettanto importanti”.

VERTICALE DI 6 ANNATE DEL CABERNET SAUVIGNON IN PUREZZA
MARCHESE DI VILLAMARINA
1989- 1993-1999-2004-2009-2014
Giovanni Pina, enologo interno azienda
Beppe Caviola consulente dal 2007
Il Cabernet Sauvignon di Sella e Mosca mi ha impressionato e sorpreso. Per la grande capacità di invecchiamento pur mantenendo i tratti distintivi di un uvaggio che anche nel territorio in cui è cresciuto ha saputo dare il meglio di sé. Alla cieca alcune bottiglie potrebbero portare in altri territori, non so se più vocati, ma sicuramente più noti nella coltivazione di questo vitigno che sa regalare emozioni e tanta longevità al calice. Un’espressione schietta e sicuramente più degna di attenzione.

2014 tanta frutta all’olfatto con tratti netti di mediterraneo. In bocca si manifesta abbastanza vibrante e succoso. Bella l’armonia generale. Leggermente polveroso sul finale, una sensazione però compensata con la dolcezza di frutto.
2009 il più vegetale della batteria. Ci ritrovo la pienezza del Cabernet, l’avvolgenza, l’intensità e la fragranza. E una nitida freschezza generale. Proprio un bel calice. Balsamico con una buona salinità ed una piacevole acidità.
2004 il frutto si apre più maturo, spuntano anche sentori floreali, come la rosa rossa. Forse il più seduto della batteria ma ancora con spiragli acidi che lo rendono godibile al sorso.
1999 Bella la dolcezza che si sprigiona al naso, invitante, armonioso, scopre con timidezza una speziatura elegante. In bocca entra snello ma si rivela molto intenso. Bella copertura generale.

1993 Il calice in cui più si risente l’influsso della barrique con molto caffè e cioccolata, e poi anche cuoio. In bocca però è molto fresco e di estrema piacevolezza. Un bicchiere ancora molto buono.
1989 nonostante l’età il carattere è molto evidente. Intriga con i sentori speziati che vertono verso le inclinazioni più aromatiche. Proietta in una cucina nella preparazione del misto odori anche da arrosto. L’acidità è ancora molto chiara in bocca ad evidenziare la vividezza e la presenza di un vino così sorprendente seppur a 30 anni di distanza.

LA SCOPERTA … NON SOLO WINE…
La Sardegna regala tante cose buone, prodotti della terra, degli allevatori, della tradizione. Ma una tra tutte mi ha stregato. Parlo della Seadas mangiata presso l’azienda agricola e agriturismo Sa Mandra di Alghero.
Assaggio sempre tutto anche le pietanze che non mi piacciono e per fortuna! Non amo il fritto infatti come non amo il miele. La Seadas è semplicemente pasta di semola fritta con ripieno di formaggio a pasta molle di pecora, molto filamentoso che sembra mozzarella. Sopra si aggiunge miele a piacimento ma il mio era quello di corbezzolo, che mi hanno detto unico da quelle parti. Vi giuro una goduria per il palato!
