Noelia Ricci è un progetto che nasce all’interno della Pandolfa, una Tenuta che si estende per 140 ettari tra vigneti, seminativi e bosco, a Predappio, ai piedi dell’appenino Tosco-Romagnolo.

Una storia molto antica. Dal 1626 al 1941 i proprietari della Tenuta Pandolfa furono i Marchesi Albicini, un nobile casato di Forlì dedito alla produzione agricola e alla ospitalità riservata ad artisti e uomini illustri. Poeti come Giosué Carducci e Giovanni Pascoli vi vennero più volte ospitati.

Poi nel 1941 la Tenuta venne acquistata da Giuseppe Ricci, un imprenditore di Forlì, il quale, finita la guerra, iniziò degli importanti lavori di restauro della villa ma soprattutto impiantò Sangiovese, Trebbiano ed Albana. Fu poi la figlia Noelia Ricci, che decise di piantare nuove vigne e ad avviare i lavori di costruzione della cantina.

“La nostra storia inizia nel 2010, quando mia mamma, Paola Piscopo decise di rilevare la Tenuta dai fratelli e di trasferirsi qui da Roma – spiega Marco Cirese alla guida del progetto vitivinicolo -. Effettuai diverse analisi agronomiche fino a capire che in questa terra potevano essere prodotti vini di qualità. Così espiantai i vitigni internazionali e proseguii un nuovo progetto di zonazione. Scelsi i 7  ettari migliori, oggi diventati 9. Scelsi una squadra di persone con diverse professionalità, con le quali è nata una forte empatia. Insieme abbiamo pensato ad un modo nuovo per interpretare e comunicare questa terra”.

In produzione ci sono tre vini autoctoni in purezza: 2 Sangiovese  (che oggi riportano in denominazione la sottozona di Predappio) e un Trebbiano.

La filosofia Noelia Ricci nasce da una suggestione, che presto si traduce in visione. Rispettare la naturale inclinazione di questa terra e ritornare alle origini di come i contadini facevano il Sangiovese in Romagna.  “Volevamo valorizzare questa terra e portarla fuori dai confini regionali – continua Cirese – . Abbiamo voluto rendere omaggio allo stile classico, con uno sguardo contemporaneo. Evitando forti estrazioni, elevate alcolicità e colori troppo concentrati. Cerchiamo di fare vini dalla struttura fine, dalla forte personalità e che sviluppino una complessità, mantenendo un approccio goloso. Nei vini amiamo la piacevolezza della beva.” La prima annata prodotta è il 2013.

Cosa raccontano le vostre bottiglie? 

L’identità parte dal nome, Noelia Ricci, mia nonna, la donna che ha inspirato la nascita del nuovo corso aziendale. Una scelta che porta con sé anche la volontà di restituire al progetto la forza di un’identità familiare.

Il secondo elemento  è l’incanto per il mondo degli animali. Mondo da sempre complementare alla nostra campagna. I miei ricordi qui sono legati agli animali che popolano i boschi intorno ai vigneti e agli animali della fattoria. Abbiamo iniziato ad indagare l’immaginario del bestiario contemporaneo, per scegliere le illustrazioni provenienti dagli archivi storici di fine Ottocento, perché in queste figure c’è quel realismo, non ancora fotografico, che lascia margine espressivo all’immaginazione. In ogni bottiglia è raffigurato un animale.

ETICHETTE ED ANIMALI

L’animale superiore è rappresentato nell’etichetta del nostro vino più longevo, il Godenza. La scimmia che interpreta la scelta stilistica di un vino che torna alle origini delle tradizioni del Sangiovese.

Il Sangiovese è contraddistinto dall’immagine di una vespa, l’insetto che più di ogni altro vive la vigna e che ne protegge la biodiversità. Un vino d’annata, veloce e pungente, dalla beva dissetante e spensierata di una volta. E una balena è rappresentata nell’etichetta del Bro’, il Trebbiano. La balena che nelle culture orientali è simbolo della memoria, della famiglia e dell’esperienza. Un richiamo al mare, che un tempo ricopriva queste terre e alla memoria, di un tempo astratto per immergersi nell’inconscio.

Oggi si fa un gran parlare di biologico, biodinamico, vino naturale. Lei come si inserisce? 

Credo che oggi sia importante proteggere e rispettare la terra. Nel 2015 abbiamo iniziato a pensare alla conversione biologica. Abbiamo iniziato un programma di fertilizzazione naturale, fatto di sovesci di favino ed erbe mediche. Abbiamo scelto di prenderci il tempo necessario per far in modo che le vigne potessero andare naturalmente verso una diversa conduzione agricola, consentire all’ambiente di trovare il proprio equilibrio, dare tempo alle persone che lavorano in vigna e al suolo per recuperare la fertilità e la vitalità microbiologica. Abbiamo applicato l’agricoltura integrata con un progressivo declino delle sostanze chimiche (erbicidi e ripristino del dimezzamento delle molecole chimiche). Da agosto 2018 siamo in conversione biologica.

Il Sangiovese di Romagna che posto occupa nel mondo del vino italiano, in fatto di produzioni, commercializzazione e comunicazione? E nel mondo?

Quello che posso dire è che negli ultimi, grazie al lavoro di alcuni produttori romagnoli che hanno deciso di intraprendere progetti di identità territoriale, il Sangiovese di Romagna inizia ad essere più conosciuto ed apprezzato anche a livello nazionale ed internazionale. La Romagna è una terra ancora tutta da scoprire. La parte collinare – l’Alta Romagna – che rappresenta una piccola percentuale può dare delle grandi sorprese. La percezione è che negli ultimi tempi ci sia un interesse maggiore verso il Sangiovese di Romagna. I nostri vini all’estero sono apprezzati anche se c’è ancora molto da fare. Siamo partiti da 5 anni e vendiamo in 24 paesi. La comunicazione ci ha aiutato. Siamo contenti anche se la strada è ancora tutta in salita.

Di cosa ci sarebbe bisogno ora e nel futuro…

Sicuramente di continuare in questa direzione (valorizzazione dell’identità territoriale e delle specifiche sottozone di riferimento) con maggiore consapevolezza e determinazione. Credo che oggi abbiamo un’opportunità e non dobbiamo sprecarla… Noi stiamo provando a lavorare in questo senso con la associazione “Terre di Predappio” che coinvolge 11 produttori della sottozona di riferimento (Predappio). Predappio ha una storia interessante una vocazione antica, spero che in futuro le persone possano iniziare a conoscerla e ad apprezzarla.

 

 

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